Hyundai 800 volts: il vero game-changer delle auto elettriche


Al MUMAC, il museo della macchina da caffè, il paragone è immediato: pochi secondi per un espresso, pochi minuti per rifornire un’auto elettrica. Da qui è partito il mio itinerario di quasi settecento chilometri al volante della rinnovata IONIQ 5 (restyling, batteria da 84 kWh) e della slanciata berlina IONIQ 6. Il comune denominatore? Delle colonnine da 350 kW a 800 volts di tensione e diciotto minuti per portarle dal 10 all’80 %. Il display ha mostrato picchi costanti di 230 kW per gran parte della ricarica: segno che la tensione di sistema, più della capacità del pacco batterie, è la variabile determinante.
Perché raddoppiare la tensione dimezza i problemi
In un circuito elettrico la potenza è il prodotto tra tensione e corrente: portando la tensione nominale del sistema da 400 V a 800 V si trasferisce la stessa potenza con metà corrente. I vantaggi sono due: meno calore disperso nei cavi – quindi minori perdite – e conduttori più sottili. Pensate che sui veicoli a 800 V la sezione dei cavi di trazione cala da settanta a circa trentacinque millimetri quadrati, con un alleggerimento di 5-7 kg fra rame e isolante. Cavi più snelli liberano spazio nei longheroni, abbassano il baricentro e riducono i costi di produzione.
La corrente ridotta semplifica anche la gestione termica di motori e inverter: Hyundai impiega moduli al carburo di silicio, più compatti ed efficienti, che dissipano circa un terzo di energia in meno rispetto agli equivalenti al silicio. Il risultato, misurato in laboratorio, è un guadagno d’autonomia intorno al tre per cento derivato non da un kilowattora in più, ma da un sistema che spreca meno lungo tutto il percorso interno.
Tutto questo è possibile grazie alla piattaforma E-GMP, la spina dorsale a 800 V. L’architettura Electric-Global Modular Platform nasce già a 800 volt ed equipaggia IONIQ 5, IONIQ 6 e il prossimo SUV a sette posti IONIQ 9 atteso dopo l’estate. Il pacco batterie sul fondo del pianale regala un passo generoso, fondo perfettamente liscio e interni stile lounge. Ma il vero colpo di genio è il multi-charging system: se la colonnina eroga 400 V, l’inverter utilizza il motore posteriore come convertitore boost e porta automaticamente la tensione a 800 V prima di alimentare la batteria. Niente adattatori esterni né manovre aggiuntive: si usa il consueto connettore CCS e, in venticinque-ventisette minuti, si passa comunque dal 10 all’80 %.
La stessa catena elettrica consente la funzione Vehicle-to-Load: fino a 3,6 kW in uscita per utensili, notebook o persino un fornello a induzione. Immaginate una gita fuori porta e l’auto che diventa una power-bank gigante e mobile, anche per alimentare una griglia.
Hyundai dichiara un 10-80 % in “meno di venti minuti” e il cronometro lo conferma: nelle prime due fasi la curva resta sopra 200 kW fin oltre il 50 % di stato di carica, poi scende gradualmente sotto 150 kW oltre il 70 %. La costanza su valori elevati fa la differenza: molte auto a 400 V sfiorano 250 kW ma per pochi istanti, stabilizzandosi poi a 120-140 kW; le Hyundai mantengono il plateau più a lungo, accorciando la sosta effettiva.
Il restyling della IONIQ 5 porta la batteria long-range da 77,4 a 84 kWh e l’autonomia WLTP a 570 km, che in ambito urbano possono diventare 784 km grazie al recupero esteso in frenata e a un Cx leggermente migliorato. La IONIQ 6, con 77,4 kWh e un Cx di 0,21, arriva a 614 km. Sulle autostrade del test, a dodici gradi, clima acceso e 130 km/h di crociera, entrambe hanno registrato 18 kWh/100 km: numeri che mostrano come l’efficienza di inverter e motori SiC compensi buona parte dei carichi aerodinamici.
Parliamo ora di infrastruttura. Il dilemma “dove mi fermo” è sempre meno drammatico. Ionity ha superato 4 500 punti HPC oltre 250 kW in ventiquattro Paesi e punta a 7 000 entro fine 2025. L’alleanza Spark – Ionity, Fastned, Electra, Atlante – collegherà 11 000 colonnine ultra-fast con un’unica app. In Italia, la joint-venture Ewiva aggiorna il contatore ogni mese: nel primo trimestre ha aperto 97 nuove prese da 350 kW distribuite tra Lazio, Toscana, Basilicata e Sardegna. Con questi numeri, una IONIQ 5 percorre la dorsale Milano-Bari fermandosi meno di quaranta minuti totali.
L’architettura a 800 V non è quindi un privilegio dei segmenti superiori ma una tecnologia trasversale. Ovviamente Hyundai la impiegherà sul grande SUV IONIQ 9, annunciato per il dopo-estate con 620 km WLTP, sette posti e la stessa ricarica 10-80 % in 24 minuti. Il modello inaugurerà la piattaforma Integrated Modular Architecture, evoluzione di E-GMP che entro il 2030 darà vita a tredici veicoli Hyundai, Kia e Genesis, con guida autonoma di livello 3 e le prime celle a stato solido. L’investimento complessivo – 36,3 miliardi di euro in ricerca e sviluppo – chiarisce che l’alta tensione è elemento portante della strategia coreana.
Abbiamo avuto conferma quindi che, quando si viaggia, la variabile che pesa di più non è la capacità della batteria ma il tempo di ricarica. Portare l’intero sistema a 800 volt ha consentito a Hyundai di ridurre correnti, cavi, perdite e tempi di sosta, e di farlo con modelli sotto i 60.000 euro. Dal volante di IONIQ 6 e 5 la sensazione è evidente: la pausa caffè dura più di quanto serva all’auto per riempire la propria “elettronica tazzina”. Se il futuro dell’auto elettrica vuole eliminare l’ansia da ricarica, la risposta non sta in accumulatori sempre più capienti, ma in elettroni spinti a voltaggi più alti.